27/03/2008

Di
Giovanni Certomà





In data 29 gennaio la Corte di Cassazione ha deciso di mantenere a Milano il processo Imi – Sir, nel quale è coinvolto, come imputato, il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi. E il Presidente, senza indugio alcuno, in data 29 gennaio, all’ora di pranzo, si presenta agli schermi dei telegiornali per commentare quella decisione: “[…] In una democrazia liberale i giudici applicano la legge, non fanno ‘resistenza, resistenza, resistenza a chi è stato scelto dagli elettori per governare. In una democrazia liberale la magistratura liberale non si giudica da sé e non si autoassolve in ogni sede disciplinare, penale e civile così come avviene oggi in Italia. In una democrazia liberale chi governa per volontà sovrana degli elettori è giudicato, quando è in carica e dirige gli affari di Stato, solo dai suoi pari, dagli eletti del popolo[…]”. Quando, nel 1994, la Magistratura inviò a Silvio Berlusconi un avviso di garanzia, nel bel mezzo del G8, giudicai quanto meno inopportuna quella scelta di tempo. Allo stesso modo, giudico inaccettabile e assolutamente fuori luogo il commento – attacco compiuto dal Presidente del Consiglio il 29 gennaio scorso. In una democrazia liberale si accetta, anche, in silenzio, le decisioni di una Corte. O no? Presidente!