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Le donne afgane si mostrano

Le donne afgane si mostrano

27/03/2008


di
Giovanni Certomà






E’ stata necessaria una guerra inevitabile per prendere coscienza delle condizioni inumane in cui sono vissute le donne afgane sotto il regime dei Talebani. Non è retorico, ribadire con forza, come le donne dal 1996 siano state costrette ad indossare il burqua e siano state barbaramente picchiate e lapidate in pubblico solo per non avere la maglia che copre il loro volto fino agli occhi o per aver tentato di abbandonare il Paese in compagnia di un uomo che non fosse un proprio parente. Dal 1996 tutte le donne professioniste sono state obbligate ad abbandonare la propria attività e pensare che, prima del taleban – regim il 40% erano medici e il 70% insegnanti. Non è retorico ricordare che, la casa dove vive una donna doveva avere le finestre dipinte in modo tale da non essere osservata dall’esterno; che in casa dovevano utilizzare scarpe che non facessero rumore per non essere sentite. Dinanzi a tutti questi divieti, le donne che non avevano un parente maschio o un marito erano costrette o a morire di fame o chiedere l’elemosina per strada. Eppure, la forza delle donne afgane non è stata completamente soffocata ed ha dato vita alla RAWA, associazione rivoluzionaria delle donne afgane. Sono state loro ad organizzare –clandestinamente- “migliaia di classi segrete per ragazze, come pure unità mobili ospedaliere per salvaguardare la salute, laboratori dove le donne possono sbarcare il lunario tessendo tappeti e ricamando, centri dove le donne ricevono un’istruzione politica e sociale”. E sempre queste donne d’opposizione “mettono su saloni di bellezza segreti, all’interno delle loro case. Laccarsi le unghie è – era – un crimine in Afganistan”. Mi accorgo adesso che ho parlato delle condizioni delle donne afgane al – passato – spero veramente che, ora che il regime dei Talebani è crollato si possa concretamente parlare al passato. Auguriamoci, inoltre che non sia necessaria un’altra guerra per prendere coscienza delle altrettante condizioni inumane in cui sono costrette a vivere le donne dell’India come del Bangladasch.
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