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POLITICA ITALIANA: HA ANCORA SENSO PARLARE DI SERVIZIO?

POLITICA ITALIANA: HA ANCORA SENSO PARLARE DI SERVIZIO?

16/12/2010


Ho sempre pensato che la politica è la forma più alta di servizio alla collettività di una comunità: comune, città, Stato. Ricordo ancora quando, alla fine degli anni 80’, feci le mie prime esperienze di politica attiva, spinto dal solo e unico desiderio di offrire un servizio a tutti, e poco mi importava se, per farlo, bisognasse stare a destra, a sinistra o al centro; perché consideravo i confini dei partiti politici come una sorta di limitazione al raggiungimento di quell’obiettivo di fondo. Poi, però, ci si accorge che una società senza la forma delle associazioni partitiche, non fa che determinare una confusione senza limiti e rischia di sfociare in forme di autarchia strisciante. Personalmente non ho mai condiviso l’accezione di “seconda Repubblica”, subito dopo il terremoto di Tangentopoli, che ha abbattuto il P.S.I. di Bettino Craxi e ha costretto la Democrazia Cristiana ad una metamorfosi che ha disperso a destra e a sinistra i moderati di centro. La storia della politica italiana, soprattutto dall’unità in poi, ci ha dimostrato coi fatti che, spesso, i rappresentanti politici si occupano poco degli interessi comuni e coltivano i propri e quelli della cerchia di amici fedeli. Questo ha determinato e determina una sorta di naturale reazione popolare che porta dire: “la politica non mi interessa. Voglio restarne fuori”. Una reazione comprensibile, ma non accettabile. La politica deve interessarci, perché ci riguarda e perché siamo noi ad eleggere liberamente (quanto liberamente poi?) i nostri rappresentanti. Il rischio, come sempre, è quello di essere qualunquisti nei giudizi, affermando che tutta la politica è fatta di brogli e di orticelli particolari. Mi rifiuto di credere a questo assunto! Voglio, altresì pensare, che ci sia ancora una classe politica che si batte per gli ideali ed il bene comune. Non mi scandalizza l’antica pratica del trasformismo di giolittiana memoria che, personalmente, non ho mai condiviso! Quanto accaduto, però, il 14 dicembre scorso, alla Camera dei Deputati, del Parlamento italiano, in occasione della votazione alla mozione di sfiducia all’attuale Governo, non fa certo bene alla coerenza ad un mandato politico per il quale si viene eletti. Non sto qua a giudicare se i vari passaggi dal centro – destra al centro – sinistra e viceversa siano stati corretti, ma si è assistito ad una autentica mortificazione dell’etica politca, con parlamentari che, per motivare il cambio di casacca, hanno addotto le argomentazioni più fantasiose e addirittura si sono fatti cogliere sulla via Damasco durante le ore notturne che separavano dal voto del mattino seguente. La mia non vuole essere una vacua forma di moralismo, ma credetemi, solo una inevitabile forma di incontinenza di buon gusto.



 

Giovanni Certomà

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