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La vendetta

18/10/2013


 

 Era tutto distrutto nel mio cuore. Davanti a me giaceva un corpo senza vita: era mio padre Mi sentivo perso e disorientato, era come se tutto il mondo si fosse fermato, sentivo le grida della gente che veniva legata e messa su quelle enormi e possenti navi da guerra e poi trasportata via. Tra quelle grida riconoscevo una voce: era mia madre… Vidi mentre la legavano e la portavano via verso l’Isola Nordica. Quell’isola era temuta da tutti, perché in un certo periodo dell’anno venivano a prendere la nostra gente, persone sia vecchie che giovani, per venderle come schiavi. Allora ho deciso di mettermi in viaggio per andare a salvare mia madre. In quell’istante, vidi un ragazzino che scappava da un vichingo, così decisi di andare a controllare la situazione, dato che, il suo viso, mi sembrava noto. Però il vichingo riprese il ragazzino, lo chiuse in una grotta, tirò fuori il coltellino e, immediatamente, presi il mio boomerang e lo lanciai verso il coltellino del vichingo che gli scappò di mano e finì per terra, ai bordi di un cespuglio, vicino a me, così lo raccolsi e lo misi in tasca. Ripresi il mio boomerang e, in quel preciso istante, il vichingo si girò; approfittando della distrazione dell’uomo, il ragazzino prese la rincorsa e con un forte spintone lo buttò nel fiume.

<Chi sei?> dissi io
<Sono Condor, voglio andare a salvare la gente del nostro popolo. Tu chi sei?>
<Sono Nathan e voglio andare a salvare mia madre, perché è stata rapita dai vichinghi.>
<Beh…allora possiamo andarci insieme.>

Ci mettemmo in viaggio per andare sull’Isola Nordica. Costruimmo una zattera e preparammo gli zaini. Il mare era mosso e non era molto facile navigare, soprattutto con una zattera di legno. Però non perdemmo la speranza. Ci muovevamo lentamente quando, ad un tratto, vedemmo l’isola: esplose così la nostra gioia per essere arrivati. Lasciammo la nostra zattera sulla riva e cominciammo a girare, ma non dovevamo farci scoprire, altrimenti ci avrebbero presi. In quell’isola vedemmo una ragazzina che cercava di scappare da un vichingo e, visto che eravamo vicino, la salvammo, facendola saltare sulla nostra zattera. Lei ci fu grata e diventammo subito amici. La ragazzina ci spiegò quello che era successo. Lei si chiamava Ara. Dopo averla salutata, andammo a vedere se c’erano dei vichinghi nelle vicinanze e così trovammo la prigione dove era rinchiusa tutta la gente. Alcuni vichinghi, di guardia alla prigione, ci videro e fummo costretti a lottare contro di loro. Riuscimmo, comunque, a entrare nella prigione attraverso un passaggio nascosto, lontano dalla postazione delle guardie. Dopo aver percorso uno stretto corridoio, vidi mia mamma e in quell’istante mi sentii più vivo che mai. Mi lacrimarono gli occhi dalla gioia.

Esclamai: <Mamma!>  
Anche lei mi vide ma, purtroppo, era all’interno di una cella e così cercammo di aprire la porta, ma senza risultato. Allora mi ricordai di avere ancora in tasca il coltellino caduto al vichingo durante la lotta per salvare Condor. Dopo qualche tentativo a vuoto, la porta si aprì e così mia mamma riuscì a scappare. Intanto, un vichingo si avvicinò, perché aveva trovato i suoi compagni a terra, tutti doloranti e vide quello che stavamo facendo. Tirai il mio boomerang per cercare di distrarlo e di fuggire, però lui schivò il colpo e nel frattempo riuscì a prenderci, aiutato dai suoi amici che si erano rialzati. Ci portarono dal loro capo, che si chiamava Konar. Era il capo più malvagio mai esistito al mondo e aveva appoggiato al braccio uno splendido falco con le piume nere, che si chiamava Under. Il falco era stato addestrato per controllare le prigioni e attaccare quelli che cercavano di fuggire. I vichinghi volevano ucciderci per vendicarsi della sconfitta che avevano subito, ma il loro capo decise di metterci in prigione, dicendo: <Ci serviranno come schiavi>. Allora ci chiusero in una cella della prigione. Si erano però dimenticati di toglierci le nostre “piccole armi”, così usammo il boomerang e riuscimmo a ferire un’ala del falco ed aprire la porta con lo stesso metodo di prima: il coltellino del vichingo.

La mamma, nel frattempo, era riuscita ad allontanarsi e ci stava aspettando vicino alla zattera, fiduciosa nel nostro ritorno. Di corsa raggiungemmo la zattera e così Condor, io e la mia mamma ritornammo verso il nostro paese. Sulla riva vedemmo anche Ara e, faticosamente, riuscimmo a farla salire con noi per portarla in salvo. Arrivati a casa, radunammo le poche persone che, ancora, non erano state rapite dai vichinghi, ci organizzammo e finalmente ci riposammo qualche ora. All’alba del giorno dopo, tornammo sull’isola con un’enorme nave e salvammo tutte le persone che erano state imprigionate dai vichinghi. Dovemmo lottare ancora molto ma, alla fine, tutti i vichinghi furono uccisi dai nostri guerrieri.








 

 

E. Tirotta - E. Pittarello - A. Della Scala_classe 2^ B

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