17/03/2011
- di Chiara Ursino - Avere alti e bassi è un’esperienza del tutto comune. Il nostro umore varia sensibilmente a seconda del tempo, degli impegni, delle seccature. A tutti noi è capitato di osservare che il nostro modo di pensare dipende spesso dall’umore del momento. A lungo andare, l’ insoddisfazione può trasformarsi in un diffuso sentimento d’infelicità, di sfiducia in se stessi e nel mondo. Diverso è, quando si tratta di una vera e propria manifestazione psichiatrica. In questo articolo cercherò di delineare i tratti essenziali di quelle polarità dell’umore che, nelle forme estreme, costituiscono le manifestazioni tipiche del disturbo bipolare. Il disturbo bipolare fa parte del grande mondo delle depressioni, è un disturbo del tono dell’umore ed è caratterizzato dalla presenza di due fasi essenziali: la prima di tono dell’umore estremamente elevato che può essere definito come uno stato di euforia eccessiva; la seconda, invece, una fase di crisi depressiva. L’incidenza di questo disturbo è molto forte , ha un insorgenza a cavallo dei 18-35 anni di età. I campanelli d’allarme possono essere diversi. I primi sintomi sono riconducibili al sonno, si nota un cambiamento anche nello stile di vita della persona che ne soffre, che spesso è ignara. Il soggetto, infatti, si manifesta introverso, ribelle con i familiari a cui sfugge di mano la situazione; familiari che, spesso, riferiscono frasi del tipo: “non lo riconosco più, non capisco cosa gli stia succedendo…”. Insomma, come un qualcosa di stridente. Molto importante risulta essere la diagnosi, che non è semplice, in quanto trattandosi di un disturbo che si manifesta nella fase adolescenziale, non è spesso riconosciuto come tale, e molto spesso si camuffa come una fase apparentemente normale, appartenente proprio a quella età. Il soggetto infatti, fino a quando non si verifica il primo episodio, ha una vita assolutamente normale, è socialmente integrato. Solo dopo il primo episodio, crolla tutto, mancando quelle che sono le sicurezze quotidiane, minacciando anche il rapporto con gli altri. Queste persone tendono ad essere isolate, quindi vivono una sorta di seconda vita che diviene molto spesso difficile da accettare. Per questo motivo è necessario intraprendere un percorso psicologico in concomitanza con quello farmacologico, per assicurare una qualità di vita normale, monitorando sempre gli stati emotivi del soggetto. In conclusione, posso affermare che il disturbo mentale si può curare e a prescindere da esso, si può condurre una vita assolutamente normale, a patto che, tutti noi contribuiamo notevolmente, a fornire gli strumenti necessari. Affinché ciò avvenga, bisogna abbattere tutti i pregiudizi legati ad essa, partendo proprio dai mass media, che influenzano notevolmente l’opinione pubblica, quando commentano degli episodi di cronaca, lanciando dei messaggi poco gradevoli , facendo credere che la malattia mentale sia sinonimo di violenza e aggressività.