07/03/2012
- di Chiara Ursino - In questo articolo desidero dedicare la mia attenzione alla festa della donna che si celebra oggi, ma lo voglio fare non in modo tradizionale, ponendo un interrogativo: cosa vuol dire essere donna ed essere donna con disabilità? Credo fortemente che rispondere a questo interrogativo porti necessariamente a una rivisitazione e scomposizione dei termini stessi. Sorge di conseguenza spontaneo chiedersi ma in fondo, che cos’è l’ essere? Io lo definirei come un contenitore che racchiude le nostre caratteristiche, la nostra originalità e il nostro modo di relazionarci con l’altro. L’ essere in definitiva è quel qualcosa che ci contraddistingue e non ci rende omologati o fotocopia con gli altri. L’essere donna, quindi, vuol dire non solo avere caratteristiche diverse dagli uomini, ma essenzialmente sentirsi tale. Con questo ultimo termine intendo ritrovarsi nel proprio corpo, sentirsi padrona, riscoprirsi soggetto avente un valore. Solo dopo aver accettato la propria condizione femminile si può pensare di accettare o comunque di avviare un percorso di accettazione delle proprie diversità. Non basta essere donna per essere discriminata, anche la disabilità diventa una colpa da mortificare. Per le persone con disabilità, esser donna vorrebbe dire avere come sempre più sensibilità e concretezza; se questo è vero è anche vero che ancora, ingiustamente, troppe volte, esser donna con disabilità sembra far sì che la disabilità raddoppi. Esser donna con disabilità non è neutro, implica delle difficoltà in più. Difficoltà nella gestione del proprio corpo, ad esempio. A maggior ragione in una società dove l’ assistenza delle persone più gravi non rispetta la differenza di genere. Quando si parla della donna con disabilità, ci si riferisce ad una persona che è soggetta a “discriminazioni multiple” (vedi articolo 6 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità). Ella vive infatti una condizione di doppio svantaggio: in quanto donna, e in quanto persona disabile. Ma tale condizione è difficile farla emergere. In genere, ogni donna, per cultura e tradizione, nelle società in cui viviamo, è ingessata in un ruolo emarginante e discriminante e questo la condiziona molto, quindi è più difficile poiché, spesso, non le viene riconosciuto alcun ruolo: non è un essere umano, non è una cittadina, non ha diritti, né sesso, né corpo, né intelligenza, né desideri, né emozioni, non è altrettanto considerata adatta a ricoprire i nuovi ruoli di una società in cui domina il mito della produttività e dell’apparenza. La vita va vissuta pienamente anche se non è come la vorremmo noi, perciò al di là della diversità come sosteneva William Shakespeare la donna “E’ bella e quindi può essere corteggiata è donna quindi può essere conquistata”. Questa citazione vuole essere da spinta a far si che tutto il mondo femminile abbia più consapevolezza e coscienza del proprio ruolo, perché sia vissuto e compreso di più.