11/09/2012
- di Chiara Ursino - L’istruzione e la cultura in generale hanno assunto negli ultimi tempi un valore molto importante, per una sorta di riscatto sociale e non solo. Sono divenute non solo necessarie per questioni di avanzamento di carriera ma anche per mantenimento della qualifica acquisita in tempi precedenti. In altri termini la formazione è divenuta necessaria e deve essere continua per assicurarsi un futuro migliore, visti i tempi di crisi. Purtroppo, però, non è sempre cosi! Questo “preambolo” è risultato per me necessario per entrare nel vivo della questione e condividere insieme a voi lettori- amici la mia ennesima disavventura legata al diritto allo studio calpestato. L’anno scorso di questi tempi, mi iscrissi al corso di Laurea Magistrale in “Scienze cognitive e processi decisionali” presso l’ Università statale di Milano e fino a qui nulla di strano, anche se fin da subito iniziarono i problemi. Premetto che il suddetto corso non prevedeva alcun test di ingresso ma un semplice colloquio conoscitivo e di valutazione dei crediti formativi per stabilire se ci fossero eventuali esami integrativi da sostenere. Dopo aver inviato telematicamente i documenti necessari per fare il colloquio, mi presento il giorno stabilito (16 settembre 2011) e scopro che su 200 e passa persone presenti, solo la mia cartelletta con i documenti inviati si era “misteriosamente” smarrita; il colloquio l’ho potuto sostenere grazie al fatto che mi ero portata una copia dei documenti, altrimenti ero già fuori. Preciso, nello stesso colloquio, che non sarei potuta essere presente alle lezioni per difficoltà oggettive dovute alla mia disabilità motoria, ma anche perché non residente a Milano (il corso prevede accesso libero e nessun obbligo di frequenza). Dunque, il primo mio appello ufficiale è stato il 12.12.2011 di “Psicologia cognitiva”. La modalità di svolgimento dello stesso è stata differente su mia richiesta, poiché sono anche ipovedente. Ho chiesto l’esame orale mentre gli altri corsisti lo svolgevano al pc. Ho aspettato la bellezza di tre ore prima di poter sostenere il mio esame, che non è andato come speravo, (dopo aver parlato per un’ora e avermi rivolto anche domande non da programma). Il voto assegnatomi è stato un misero diciotto che, naturalmente, ho rifiutato, perché non ritenevo di meritarlo. Ho percepito una certa ostilità nei miei confronti e soprattutto che la forma orale non era molto gradita, e di questo ne ho avuta conferma quando, alla fine, mi è stato proposto di fare anche io lo scritto, poiché, nonostante l’email da me inviata a suo tempo, in cui spiegavo le mie difficoltà, non si capacitavano del perchè lo stessi svolgendo oralmente, aggiungendo che lo facevano per me per non farmi sentire “diversa”.
Mi sono ripresentata al successivo appello che si è tenuto il 10.01.2012 e ho deciso, una volta arrivata in aula, di sostenere l’esame in forma scritta, perché ho ritrovato la stessa assistente della volta precedente e quindi non volevo andasse nello stesso modo. Naturalmente, dopo che mia madre ha comunicato questa scelta, loro, molto volentieri, hanno accettato e mi hanno fatto da tutor leggendomi a turno le 30 domande . Tutto questo si è svolto però, contemporaneamente agli altri corsisti, in un’altra aula, per evitare di disturbare gli altri. Sembrava che tutto procedesse per il meglio, e devo dire che ciò mi sembrava quasi strano. Finito il compito, era necessario premere il tasto invio, visto che il tutto si svolgeva attraverso una piattaforma a cui si accedeva inserendo i dati forniti dall’università. Ci sono state difficoltà nell’invio del mio elaborato al sistema, probabilmente perché il prof. Aveva già chiuso il sistema centrale, essendo lui rimasto nell’altra stanza con il resto dei corsisti, che avevano nel frattempo terminato. Le prof.sse che mi facevano da tutor, vedendo la mia preoccupazione, hanno cercato di rassicurarmi dicendomi che avrebbero stampato il mio compito e che avrebbero corretto il cartaceo. Cosa che io non ho potuto verificare in quanto le stampanti erano occupate e le prof.sse mi hanno fatto andare via dicendomi di stare tranquilla. Tutto questo non è avvenuto e ne ho la certezza dal fatto che, nell’elenco dei risultati, viene riportato il mio nome e cognome invece del numero di matricola come avviene di solito, nonostante ne fossi in possesso dal 22 settembre. L’esito, come potete immaginare, è stato negativo. Mi ripresento al prossimo appello e sostengo nuovamente l’esame, stavolta in forma orale, sempre dopo aver atteso che tutti gli altri corsisti terminassero lo scritto. Risultato: la docente, dopo avermi offesa, mettendo in discussione il titolo in mio possesso e criticando anche il mio metodo di studio, sottolineando di non aver sufficienti capacità comunicative, mi prospetta un altro diciotto attribuendomelo – cito testualmente - “sulla fiducia”. Io decido di accettarlo solo per la disperazione e per poter andare avanti con gli altri esami in quanto il suddetto era propedeutico. Convinta di aver superato un grosso scoglio, non sapevo di ritrovarne subito un altro. Si trattava questa volta di “Psicologia Sociale” che doveva essere svolto in forma scritta ma, per i motivi spiegati sopra, ho richiesto di sostenerlo in forma orale. Vengo però informata che la docente si rifiutava categoricamente, sostenendo che la modalità di esame è unica. Al che mi avvalgo della stupenda legge 104 del 1992 facendo appello ad alcuni articoli specificici che riguardano l’istruzione e nello specifico il diritto di scelta delle modalità di svolgimento delle prove. A questo punto mi viene risposto che, di fronte alla mia richiesta così formale, non poteva che accettare. Alla fine, non me la sono sentita in termini emotivo - relazionali in quanto per me, continuare, non rappresentava più un semplice studio, ma corrispondeva a una guerra aperta. Ho deciso, quindi, di ritirarmi, ritenendo di aver subito un trattamento denigratorio e discriminante in quanto persona con disabilità e per di più meridionale. Quest’anno, dopo aver visionato le varie possibili lauree a numero aperto, ho deciso di iscrivermi nuovamente all’università “Magna Grecia” di Catanzaro per questioni di vicinanza e anche perché la salute, ahimè, non è delle migliori. Il corso scelto è una Laura Magistrale in “Scienze e Servizi della Pubblica Amministrazione”. I posti disponibili erano 120. Ho pensato tra me e me: ”Ce la posso fare!” Premetto che, sul sito, non era presente nessun tipo di bando che riportasse i requisiti di ammissione. Mi sono recata presso segreteria distaccata nel mio paese per chiedere informazioni, in quanto telefonicamente non rispondevano mai. L’impiegato non ha saputo nemmeno fornirmi le informazioni di base: posti ancora disponibili; e non avendo a disposizione neanche un pc. Quindi, decido di effettuare l’iscrizione, pur non conoscendo la disponibilità dei posti. Dopo aver completato con successo la procedura di iscrizione online inserendo tutti i dati necessari, ho stampata la domanda e consegnata in segreteria il cartaceo dell’iscrizione stessa, per avviarla al protocollo e qui la sorpresa è davvero inaudita... Mi è stato comunicato, da chi di competenza, che la mia domanda non può essere accettata e di conseguenza protocollata in quanto la mia classe di laurea triennale non corrisponde a quella richiesta! Sono veramente amareggiata e senza parole per quanto accadutomi. Ancora una volta mi sono battuta contro irregolarità da parte dell’ateneo e la cosa più grave però, è quella di avvertire da parte dell’impiegato una sorta di indifferenza e quasi normalità: “le cose non possono essere cambiate!”. Coclusione, mi ritrovo ad essere esclusa dalla possibilità di specializzarmi solo per una questione burocratica, per mancanza di chiarezza e precisione. Quanto espresso, vuole essere una forte denuncia pubblica, per far sì che si riacquisti il valore dell’istruzione, che negli ultimi tempi sta andando in frantumi come se non fosse mai esistito o peggio ancora che non fosse più necessaria e un diritto per tutti.