A ruota libera

Saviano al fianco dei "diversamente abili"

Saviano al fianco dei "diversamente abili"

07/10/2012




- di
Chiara Ursino  -


Lunedì 1 ottobre è ripartita la trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa” su Rai Tre ed è iniziata, a parer mio, alla grande. Tra i tanti ospiti, lo scrittore Roberto Saviano. Il suo monologo è stato di uno spessore non indifferente. E’ partito dalla situazione politica delle ultime settimane raccontando degli sprechi della politica e dell’enorme quantità di denaro che è stato dilapidato in cene, viaggi, gioielli, facendo riferimento, in modo particolare, alla regione Lazio. Inoltre, durante il suo intervento, ha preso in esame dei grafici relativi ai rimborsi della regione Lazio dal 2009 a oggi. Successivamente è passato ad illustrare un grafico riguardante i fondi per il sociale; esattamente quelli sulle spese per le famiglie, gli anziani, ma soprattutto per i diversamente abili. Ha dimostrato che si è verificato negli ultimi quattro anni un netto calo. Mentre aumentano i fondi per le varie cene e tutto il resto, vengono tagliati drasticamente i fondi per il sociale. Ha messo in evidenza che quest’anno, nelle scuole, sono state ridotte le ore di assistenza agli alunni disabili, sottolineando che le autorità pur essendo a conoscenza di tale situazione lo neghino. Saviano sostiene che in realtà questo taglio non ha fatto notizia, né creato particolare scandalo, perché sembra riguardare un’umanità a parte, che si considera già in qualche modo parassitale, che dipende da altri e quindi si fa silenzio! Saviano afferma: "Si fa fatica a parlare di abilità diversa... spesso si crede che questa espressione, ’diversamente abile’, sia un modo gentile per dire handicappato... tutt’altro. Diversamente abile significa esattamente abilità diversa, cioè qualcuno che ha un’abilità che il normodotato non ha, è un’abilità ’altra’. E questo si vede chiaramente nelle Paraolimpiadi. Esse hanno dato un’immagine totalmente diversa del nostro paese. In Italia le prime pagine dei giornali erano piene di scandali, sempre le stesse discussioni e lì un Italia di Zanardi, di Annalisa Minetti, Cecilia Camellina cieca dalla nascita, che vince due ori nei 50 e nei 100 metri, essendo campionessa di nuoto. Lei, agli italiani che sono li allo stadio, chiede di urlare il suo risultato quando arriva al traguardo, cosi può sapere qual è stato il suo risultato prima del giudice di gara. In quella occasione, quando ha vinto, lo stadio ha urlato: “Sei prima, sei arrivata prima” facendo sentire, - almeno secondo Saviano - una continuità con una Italia in cui era bello riconoscersi e non è una cosa che accade spesso”. Fa notare che le 28 medaglie che ha vinto la nazionale paraolinpica italiana è la stessa quantità di medaglie che ha vinto quella dei normodotati. Queste storie, secondo Saviano, possono parlare a tutti, non soltanto a quelli che hanno problemi, quei problemi! In una fase come questa dove tutto sembra impossibile, avere un lavoro è impossibile; costruirsi una famiglia è impossibile; mandare curriculum sembra inutile; inutile vivere onestamente e addirittura sembra realistico e non catastrofista, dire che tutto sia impossibile. Ma in una situazione del genere, afferma Saviano bisogna guardare a quel mondo ma non con l’atteggiamento di commiserazione come dire: “Guarda come sono sfortunati gli altri ritieniti fortunato con quello che hai “. No, dice Saviano, è esattamente il contrario. “L’abilità diversa mostra che ogni mattina, con quei problemi, ti devi svegliare e attuare delle strategie per stare al mondo. Niente ti è dato, nulla è scontato. E se ti rassegni, non c’è vita... non c’è una cattiva giornata, un brutto mese, no, non c’è vita se ti rassegni". Saviano sostiene che guardare al mondo delle abilità diverse ti dà una traccia, una strategia che in questo momento di crisi può essere ascoltata e servire ai normodotati. Lui stesso, infatti, nei suoi momenti più difficili ha sempre visto come un esempio l’artista Michel Petrucciani, pianista, uno dei più grandi jazzisti, nato con una patologia terribile, l’Osteogenesi imperfetta, che ha un nome poetico ma la malattia non ha nulla di poetico, la cosiddetta “sindrome delle ossa di cristallo”. La prima volta che le sue ossa si sono rotte tutte, è stato quando è nato. Era un uomo di un metro, pesava poco più di 23 kg. Per colpa della malattia, passava la maggior parte del tempo tra la casa e l’ospedale. A fargli compagnia c’era la musica, passione tramandatagli dalla famiglia. I suoi fratelli avevano un piccolo negozio di dischi. Una volta, a quattro anni, guardando la tv, ascolta Duke Ellington. Desidera avere un pianoforte. I genitori gli regalarono un piccolissimo piano, provò a suonarlo e sentì che era totalmente diverso da quello che aveva ascoltato in televisione, cosi trovò in casa un martelletto e lo distrusse e chiese un pianoforte, uno vero, non un giocattolo. La famiglia, pur non essendo molto ricca, riuscì a trovargliene uno. Passò le sue giornate a suonare, 10, anche 12 ore al giorno. La scuola la seguiva per corrispondenza, gli arrivavano audio-cassette di geografia, matematica, storia, ma molto presto queste cassette le utilizzò per registrarci sopra i suoi primi brani. I medici, però, consigliarono alla famiglia di fargli suonare la batteria, per allenare i muscoli e difendere di più le ossa, ma non servì a nulla: continuerà a rompersi. Un giorno, però, si rese conto che c’era qualcosa del suo corpo che non si rompeva: le mani. Da qui, comprese che avrebbe dovuto insistere, perché da lì che passava la possibilità per lui di non subire la sua vita ma di costruirsela. Le mani non si romperanno mai, erano forti , grandi e agili. Il pianoforte, però, costituiva un problema, per via della sua poca altezza, i piedi non arrivavano in fondo ai pedali, allora il padre iniziò a costruirgli un parallelogramma articolato; una struttura dove alla sua altezza preme un pedale , che a sua volta con un pistone ha la possibilità di premere il pedale del pianoforte. La svolta della sua vita arrivò intorno ai 13 anni quando, nel suo paese, ebbe la possibilità di suonare ad un concerto. Il suo sogno, però, non si fermò ad un concerto. Il suo obiettivo era quello di andare in America, la patria del jazz. Saviano termina di raccontare riportando un pensiero di Petrucciani: “nel momento in cui soffri non significa che non puoi star bene”. Questa non è semplicemente una tecnica pianistica che lui ha utilizzato, ma un modo di stare al mondo. La musica era felicità per Petrucciani e se condivisa raddoppiava. Questo mio articolo nasce dall’esigenza di dover esprimere pubblicamente ciò che mi ha trasmesso Saviano, ma per poterlo fare ho riportato la parte centrale del suo discorso, in maniera tale che le mie considerazioni finali abbiano un senso. In tutta onestà, non avevo seguito in tv il programma ma poi leggendo i vari commenti e critiche sul web, mi hanno spinta dalla curiosità ad andare alla ricerca di questa famosa puntata, ma giusto per capire se le critiche fossero fondate o meno. A mio modesto parere, posso dire che ho trovato il monologo in questione molto azzeccato. Del resto, sono necessari approcci “diversi” su questi temi, e lui per me ci è riuscito molto bene. Alcuni articoli scritti e pubblicati sul web sono critici nei suoi confronti, in quanto gli autori degli stessi, ritengono che Saviano abbia utilizzato dei termini, quali diversamente abili o/o abilità diverse, poco rispettosi della persona che è portatrice di una disabilità. Credo, fortemente, invece, che Saviano non abbia poi utilizzato dei termini offensivi nei riguardi delle persone con disabilità. A pensarci bene anche i cosiddetti normodotati hanno diverse abilità, non sono persone omologate. Ogni persona è unica e irripetibile, perché porta dentro di sé delle sue particolarità. Non ci trovo nulla di strano nel linguaggio utilizzato. Piuttosto, dico a chi si è sentito ferito per l’utilizzo da parte di Saviano di una terminologia errata, di non fossilizzarsi su questo, ma di andare oltre e di guardare alla sostanza. In fondo, il tema da Lui trattato è molto complesso, ma soprattutto trascurato. Secondo voi, quanti avrebbero trattato il tema della disabilità in prima serata, sapendo di rivolgersi ad un vasto pubblico e consapevoli di toccare i cuori di molte famiglie che vivono la dimensione della disabilità, avendo un figlio o un parente che ne è portatore? Io, invece, mi sento di dire grazie a Saviano per il suo interessamento e penso che insieme a me lo diranno in molti, perché ha parlato di disabilità e lo ha fatto con il cuore, al di là della terminologia utilizzata. 

Chiara URsino

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