A ruota libera

Il calvario della mamma di Maria Pia e la mano di Dio

Il calvario della mamma di Maria Pia e la mano di Dio

Chiara Ursino

12/09/2013


 

 

Maria Pia nasce apparentemente normale.

Racconta la mamma che una sera, all’età di 2 mesi, avverte delle crisi di epilessia, perdurate per tutta la notte, al punto da procurarle dei danni irreversibili a livello cerebrale. Questo il racconto di una donna che non si arrende.
Appena ho capito che Maria Pia non stava bene ho interpellato l’ospedale di Locri e la sua personale pediatra: mi hanno assicurato che non era nulla di grave, ma mai diagnosi fu più sbagliata. La mattina seguente, dopo essermi recata urgentemente in ospedale con la bambina in fin di vita, le crisi epilettiche si assestarono. Appena giunta nel nosocomio i primari del reparto di pediatria mi chiesero per prima cosa da quanto tempo la bambina fosse in queste condizioni. Risposi che la bambina stava così dalla sera precedente: nonostante avessi detto che non avevo fatto altro che seguire l’iter propostomi dal reparto stesso e dalla sua pediatra, i dottori, come se non accettassero quello che stavo dicendo loro, mi invitarono ad affidar loro la piccola Maria Pia. Se non si fosse intervenuto subito, mi spiegarono, la bambina avrebbe rischiato di non farcela. E omunque le possibilità di salvarsi erano veramente pochissime.

Per via della gravità della situazione il primario chiese l’intervento dell’elisoccorso: voleva trasferire la bambina al reparto di neonatologia dell’ospedale Riuniti di Reggio Calabria, dove Maria Pia rimase per 56 giorni, in rianimazione. La si poteva vedere solo attraverso un vetro, ma lei, così piccola e fragile attaccata a delle macchine, si è dimostrata fortissima, facendoci anche superare la motivata paura che non potessimo più averla tra noi.
I giorni passavano lenti. Finché, dopo tanto tempo, la sentii piangere e lì compresi che non era più quella la MIA piccola Maria Pia. La sua voce era cambiata, il suo pianto era flebile. Dopo qualche giorno i dottori ci comunicarono che Maria Pia aveva subito un’encefalite da virus, che le aveva procurato danni irreversibili.

Non convinta, essendo molto credente, mi affido a Dio e contatto il mistico Fratel Cosimo della Madonna dello Scoglio di Placanica, che dopo tre giorni mi comunica di portare la piccola a Roma o a Milano: la bambina aveva una malattia che fino al momento non aveva intaccato organi vitali, ma si fosse ripresentata poteva essere fatale per lei. Mi reco dal primario dei Riuniti, chiedendogli di trasferire la bambina all’ospedale Bambin Gesù. Arrivati a Roma e seguiti da un’equipe di professionisti, tra cui una dottoressa che collaborava con istituti di ricerca americani, per le cellule staminali, mi giunge una telefonata dall’ospedale Riuniti che mi informa della reale malattia di Maria Pia: una trisomia tredici parziale.

Per un anno gli specialisti del Bambin Gesù la seguono. Un anno duro: il padre non accetta la malattia, e per me inizia il calvario nel calvario. Prendo la decisione di lasciarlo per salvaguardare la vita della piccola, e tutte e due, io e Maria Pia, con l’aiuto di Dio, abbiamo cominciato questo viaggio di speranza. Sicuramente la mano di Dio, che tutto apparecchia, si è palesata in uno dei tanti viaggi in treni alla volta del Bambin Gesù: conosco il vescovo di Messina, al quale racconto la storia di Maria Pia. Mi fece contattare velocissimamente dal Policlinico di Messina, dal primario prof. Tortorella, un luminare di livello internazionale per l’epilessia.

Da allora Maria Pia è seguita da loro e da un’altra equipe di Milano. E io continuo ad affidarmi alla mano di Dio.

 
 
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