Non dubitare mai di se stessi.
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FILIPPO LO PICCOLO: UMILTà E PERSEVERANZA DI MARATONETA
27/03/2008
di
Giovanni Certomà
Qualche settimana fa avevo scritto il breve profilo di un maratoneta siciliano, Filippo Lo Piccolo, in cui si evidenziavano la sua coerenza, serietà, voglia di fare bene. In quelle righe si rimarcavano i successi e i buoni risultati da lui raggiunti e la ferma volontà di abbassare ulteriormente il proprio personale in maratona (2h20’), alla Maratona di Carpi del 15 ottobre scorso. Ebbene, lunedì sera, tra le mail giunte, intravedo immediatamente quella di Filippo, che mi racconta la sua gara. Ritengo sia molto importante dare spazio –quasi- integrale alla analisi che lui ha fatta della propria prestazione, per capire come un atleta vero, sia prima ancora uomo autentico.
“[…] non mi sembra giusto parlare solamente dei buoni risultati ma bisogna essere coerenti, quindi voglio anche informarti dei miei fallimenti…
Come ti dicevo avevo sbandierato ai quattro venti la mia buona condizione, l’occasione della mia seconda vita atletica dopo il grave infortunio patito due anni fa, la maratona di Carpi che avevo scelto e che doveva essere finalmente il riscatto per un nuovo personale, io motivatissimo, ecc, ecc.
Tutto sembrava filare liscio nella preparazione, tranne un problema preoccupante 3 settimane prima che mi aveva parecchio debilitato con diverse “sedute” di diarrea dopo gli allenamenti e con il conseguente fallimento dell’ultimo medio di 30km.
Ma devo dire che mi ero ripreso a tal punto da non pensarci più. Gli ultimi allenamenti mi avevano ridato fiducia: insomma l’evento dell’anno era alla mia portata e non potevo fallirlo.
Ieri tutto bene: il tempo atmosferico, le sensazioni, non ho nulla da recriminare, niente scuse.
Solo una cosa ho sbagliato: ho osato troppo e ho pagato il conto più caro che potevo pagare: un bel viaggio all’inferno dei maratoneti dal 25° km in poi…
Ma andiamo con ordine: alla partenza avevo riconosciuto il mio idolo, no, non è Baldini o chissà quale grande campione, io stravedo per Vito Sardella. Potevo e dovevo seguirlo, tanto ero sicuro di me stesso…
I primi km andavo proprio rilassato, il percorso nella prima metà è davvero scorrevole, anzi è stata talmente subdola la sensazione di facilità nella corsa che mi sono fatto trascinare dalla “tranquilla follia” per oltre 20km.
Era incredibile: correvo con Sardella, i primi italiani e 3’10”-12” non mi dava fastidio tenerlo.
E qui viene il bello ( o il bruttissimo): passiamo alla mezza maratona in 1h07’47” che è diventato il mio nuovo primato personale sulla distanza e lì ho avuto un po’ paura, ma tenevo con respiro affannoso.
Ho scoperto a mie spese che la seconda mezza di Carpi è di per se difficile, piena di cavalcavia, devi essere fresco per superarli tutti. In uno di questi cavalcavia, verso il km 23 mi stacco da Sardella, ma pensavo che fosse giusto così, adesso dovevo correre con un ritmo più moderato e chiudere la gara, magari 5”-10”/km più lenti.
E invece dopo i 25 km non ho capito più niente e ho corso talmente piano che ho rasentato a lungo i 4’00”/km, in pieno impaccio con crampi e gambe sempre più stanche.
Gli ultimi 12 km sono stati un calvario mai provato, sembra assurdo ma volevo fermarmi, non volevo più correre!
Non l’ho fatto, ma metro dopo metro era sempre più umiliante il fatto che mi passassero tutti e che non potessi reagire minimamente. E così all’arrivo…
Un 2h26’01” che mi dice: Filippo, non ti conoscerà mai nessuno, rassegnati!
Perché tutto questo?
Riconosco che ho troppe pressioni, il mio stato d’animo vive di continue pressioni che mi fa piacere sostenere, specie quando riesco a realizzare i miei obiettivi: la Violettaclub che crede(va) sempre di più in me, il mio allenatore, Aldo Siragusa che con dedizione mi segue ormai da oltre 4 anni, i miei sostenitori che si aspettavano finalmente l’under 2h20’, e soprattutto la possibilità non banale di essere conosciuti in Italia dagli esperti del settore.
Ora in mano non ho niente, solo rabb
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