Non dubitare mai di se stessi.
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La ricercatrice EMANUELA PAGAN
27/03/2008
“La prima corsa è stata una campestre dei GdG nel 1990 dove mi ha trascinato mio papà ed io vi ho partecipato dopo aver fatto come allenamento 11 volte le scale di casa. Entrai nelle dieci e la corsa mi entrò nel cuore”.
Basterebbero queste poche frasi per comprendere come la veneziana Emanuela Pagan si sia fatta trascinare e sublimare dal gesto nobile della corsa e con il passare degli anni, riesca proprio attraverso di essa, a esprimere al meglio la propria interiorità e il proprio essere. Dopo quell’esordio nel 1990, Emanuela lascia e riprende nove anni dopo con una scommessa impegnativa: correre la prima mezza maratona. E nonostante non avesse il credito di molti suoi conoscenti, taglia il traguardo con un buon 1h43’. Le successive mezze da lei corse non la vedono migliorare in chiave cronometrica, tanto che, è tentata “ad appendere le scarpe al chiodo”, ma le aveva appena comprate e quindi in lei “vince lo spirito scozzese” e si prepara ad un’altra grande avventura: l’esordio sulla distanza di Filippine, i 42 km e 195 mt. E’ il 2001 e la sua Venezia le regala “la gara perfetta”, come lei stessa la ha definita: “conclusi con 3h43m53s, nessun dolore e tanta gioia. La maratona iniziava a cambiarmi la vita”. Ormai Emanuela aveva preso il largo nel mare del podismo, nel 2002 sempre a Venezia si migliora con 3h31m e nel 2003, nella Roma dei Fori Imperiali abbatte un possente muro correndo in 3h28m e “la mia vita sportiva, e non solo, cambia totalmente”. E poi gli ultimi due anni sono quelli dei grandi risultati e best – time personali:
“miglio 5m30s, 3km pista 11m11s, 10km 39m06s, mezza in 1h26m04s, maratona 3h09m45s, ma la cosa più bella è stata quella di trovare lungo la strada tante persone che si sono dimostrate amiche e che hanno condiviso con me i chilometri e le emozioni”. E scoprire che una come Lei, ricercatrice di fisica ambientale, affermi che “la vita è un po’ come una corsa con tratti in salita e tratti in discesa in cui si incontrano molte persone con cui si fa un pezzo di strada insieme e alcune arrivano con te insieme fino alla fine”, sta a significare che ogni giorno che viviamo con questa intensità è tutt’altro che sprecato. Accanto alla passione per la corsa in Emanuela vi è quella per il proprio lavoro, ricercatrice appunto di fisica ambientale presso il CNR di Padova, anche se, il suo vero e primo amore è stata la fisica subnucleare, che l’ha portata a lavorare al CERN di Ginevra: “penso di essere una delle poche persone che può affermare di aver corso sopra un acceleratore di particelle, naturalmente spento”. Ma Lei è tutt’altro che spenta e sin dalla prossima gara premerà sull’accelleratore del suo cuore e dei suoi polmoni.
Giovanni Certomà
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