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L’essenzialità alimentare di Jean Jacques Rousseau

L’essenzialità alimentare di Jean Jacques Rousseau

27/03/2008


di
Giovanni Certomà

Il ginevrino Jean – Jacques Rousseau (1712 – 1778), rappresentante importante dell’Illuminismo francese, lo si ricorda, probabilmente, per le sue idee in campo educativo espresse nello scritto “L’Emilio”. Idee, quelle di Rousseau, contrassegnate da un’impostazione ferreamente naturalistica. Non ci sorprende, quindi, che per quanto attiene l’alimentazione, non si sia discostato da tale tendenza. Dinanzi a tutti gli effetti negativi e devastanti che l’alimentazione artefatta e sempre più artificiale sta provocando; Rousseau sarebbe stato senz’altro contento ad un ritorno all’essenziale e al naturale in campo gastronomico. Infatti, Rousseau è stato un autentico spartiate in questo settore. Egli parte dal presupposto che “bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare”. Da qui si snoda il suo stile alimentare di vita. Per Rousseau “saper mangiare significa consumare un cibo semplice e rustico, accettare solo i piatti che non richiedono alcuna preparazione o tutt’al più una preparazione minima”. Rousseau indica con molta precisione, quasi da decalogo, gli alimenti verso cui orientarsi. Il latte, l’acqua, e il pane sono quelli primari per lui; da qui: latticini, uova, formaggio, erbe, grissini e pere, gli altri da preferire. Odia in modo convinto la carne, perché “soggetta alla putrefazione, diversamente agli alimenti vegetali”. Vegetariano, fu dunque, il caro Jean – Jacques e forse - non dico vegetariani – ma noi dovremmo anche se non in modo eccessivamente rigido seguire qualche sua indicazione in ambito alimentare.


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