01/03/2010
Per chi ha frequentato i licei o l’istituto magistrale le idee kantiane di noumeno, fenomeno, Critica della Ragion Pura, Pratica o del Giudizio, saranno sicuramente note e risapute. Però, forse, pochi di loro conosceranno quelle che furono le bizzarre abitudini alimentari del noto filosofo tedesco. Kant è stato quello che definiremmo oggi una buona forchetta. Tanto che, quando gradiva una pietanza se ne faceva dare la ricetta. Non amava la cucina particolarmente sofisticata, né mangiare velocemente e alzarsi dalla tavola subito dopo aver finito. Non mangiava mai da solo. Infatti, aveva sempre tre o cinque ospiti, ai quali faceva recapitare sin dal mattino l’invito a pranzo. Alla compagnia durante il pasto ci teneva particolarmente. Tanto che, un giorno, ritrovandosi da solo, disse al proprio cameriere di invitare il primo passante a pranzare con lui. Prima del pranzo, l’altra sola occasione frugale era la colazione, che consumava alle cinque del mattino bevendo soltanto una o due tazze di tè. D’estate poi, pare che avesse l’abitudine di mangiare con la finestra aperta che dava sul giardino. Aveva sicuramente dei cibi verso i quali nutriva una particolare attrazione: il bollito di vitello e la minestra d’orzo, il merluzzo, il burro, il formaggio grattugiato. E poi, relativamente alla carne è legata una sua abitudine veramente singolare, quanto poco elegante. Infatti, pare che Kant masticasse molto la carne, ma alla fine ne ingoiava solo il succo, mentre la parte solida si ingegnava a nasconderla sotto le croste di pane in un angolo del suo piatto. Kant fu anche questo e non solo l’artefice della rivoluzione filosofica del 1700. Però…anche i filosofi si nutrono non solo d’idee.