01/11/2011
“Ogn’anno, il due novembre, c’è l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll’adda fa’ chesta creanza; ognuno adda tenè chistu penziero. […]”. Si apre con tali parole la poesia maggiormente conosciuta del principe De Curtis, detto Totò. Il pensiero ai defunti anche Foscolo l’ebbe; e nel carme de “I Sepolcri” canta il ruolo d’immortalità che le tombe hanno nei riguardi dei loro ospiti. Ricordo quando, con mio nonno, per l’occasione, si andava a piedi al cimitero. Lungo il percorso v’erano numerosi venditori di fiori e lumini. Mi raccontava per la via le storie di coloro che non c’erano più e che noi stavamo andando a visitare. Con premura accorciava i gambi dei fiori, versava l’acqua e pregava. Io, in silenzio, lo guardavo e quasi ad imitarlo, lo seguivo; insieme pregavamo. Oggi, mio nonno non c’è più e io continuo ad andare, ma a pregare e ricordare Lui. “Ogn’anno, puntualmente, in questo giorno, di questa triste e mesta ricorrenza, […] con dei fiori adorno il loculo marmoreo […]”.