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"L’ODORE DEL ROSMARINO ED ALTRE ESSENZE"

"L’ODORE DEL ROSMARINO ED ALTRE ESSENZE"

21/09/2013


 

Non posso non iniziare con un ricordo personale che mi lega a Filippo Todaro, quello di quando dirigeva Il Gazzettino di Roccella Jonica e, per primo, dandomi fiducia, pubblicò i miei articoli.
Nel corso degli anni non abbiamo avuto modo di frequentarci, per ovvie ragioni geografiche, ma ho continuato ad apprezzare il suo stile, il suo modo di fare giornalismo, per varie testate. Non ho avuto la possibilità di leggere il suo primo romanzo, Amsterdam 5/12, pioggia, del 2008.

Ma quando, prima dell’estate (maggio 2013), aprendo la cassetta di posta, ho trovato un plico, con dentro lo scritto L’odore del rosmarino ed altre essenze, suo secondo lavoro da romanziere, ne sono stato felice e lusingato al tempo stesso, anche perché, mi era stato riferito, che avrebbe voluto che fossi io, durante il periodo estivo, a curarne la presentazione a Roccella. Purtroppo, per ragioni di tempistica, non mi è stato possibile ed allora, sento l’esigenza di condividere, con questo scritto, ciò che avrei detto, parlando del romanzo di Filippo.

L’odore del rosmarino ed altre essenze”, Arti Grafiche Edizioni, mi viene da definirlo come il libro che ognuno di noi avrebbe potuto scrivere. Una sorta di raccolta di tutti i ricordi della propria infanzia, fanciullezza, età adulta. Momenti che, nell’istante della rievocazione, vorresti non finissero mai; e proprio questa sensazione ho provato leggendo le 145 pagine che lo costituiscono. E proprio come chi, volutamente, ritarda di arrivare alla fine, così ho fatto io con questi undici capitoli. Li ho letti quasi al rallenty, perché solo così, ho potuto “gustare” il più a lungo possibile quei ricordi, che potevano essere anche i miei.

Probabilmente questa ricomposizione della propria vita è stata necessaria, oserei definirla, inevitabilmente terapeutica e non più prorogabile.

Leggere le pagine di questo romanzo è come vedere i luoghi, sentire i profumi, perché la capacità descrittiva e la narrazione, che rimbalza tra chi scrive in prima persona e terza, sono in grado di materializzare quasi tutto questo.

Ho compreso, caro Filippo, il perché, oggi, il rosmarino non ti piace più...

Rigogliose siepi di rosmarino limitavano i viali tra le tombe. Odorose e ben potate, come verdi muretti bassi, correvano e si incrociavano, aprendosi, di tanto in tanto, per consentire l’accesso agli spiazzi con le varie sepolture. L’aria era piena del loro profumo. […]. Avevo voglia di correre tra quei viali profumati, ma mia madre mi frenava. […]. Bisognava portare rispetto a quel luogo santo, […]. Ma quella fila regolare di rami verdi e profumati, dai minuscoli fiorellini azzurri, che mi arrivavano all’altezza del petto mi incuriosiva non poco. Allungai la mano, una volta, e strappai alcuni ramoscelli. […] Portai quelle foglioline alle narici e le annusai. […]. Uno sguardo furtivo verso l’alto – mia madre ora piangeva assieme alla sua parente - e me le misi in bocca. Le masticai. […] Quella poltiglia resinosa che mi aveva invaso la bocca e me l’aveva rattrappita, come se avessi leccato dell’allume profumato, mi aveva disgustato. Mi appoggiai con una mano alla gamba di mia madre e sputai per terra senza ritegno, […]. Mi mollò un sonoro ceffone a mano aperta. […]. Questa erba è dei morti, non devi toccarla, è il loro profumo, vieni a lavarti. […]. Avrei potuto, mai più, sopportare l’aroma di quell’erba, sia pure incontrata a guarnire e insaporire un succulento arrosto di maiale?

Sicuramente no. Neanche a sforzarmi
”.   




 

Giovanni Certomà

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