27/11/2020
Difficile!
È così che definirei il periodo dell’adolescenza. Sono gli anni in cui cambi, in tutti i sensi, sia fisicamente, che psicologicamente; è quel periodo in cui vorresti urlare al mondo che esisti, perché a volte ti sembra di non farne parte o forse, sei solo tu che non vorresti farne parte. Ti senti addosso un peso e una responsabilità più grandi di te e spesso vorresti semplicemente che qualcuno ti tendesse una mano per aiutarti. Ma chi? Durante l’adolescenza spesso ci si pone la domanda: “chi c’è davvero per me e chi invece no?”. Dicono tutti che ti sono vicini, ma è vicina la stella più vicina a noi? Per questo ti senti solo, incompreso, strano, sbagliato e iniziano a sorgere dubbi e insicurezze. Sembra che tutto sia basato su di te e che un tuo minimo errore possa distruggere qualsiasi cosa. Sono gli anni in cui capisci che il “per sempre” non esiste, né in amore, né in amicizia. Le persone a volte mentono e ti illudono ed è proprio quando ci accorgiamo di questi dettagli che diventiamo “grandi”. Si è grandi quando anche con il cuore spezzato si riesce a tenere alta la testa, quando con un po’ di “coraggio” si cerca di ricomporre il cuore a pezzi, quando anche con il cuore ferito si cerca di aiutare gli altri. “Non vedo l’ora di diventare grande” ripetevi in continuazione da bambino, ma guardati, vuoi ancora diventare grande? Quando si è piccoli si ha fretta di crescere, ma quando si cresce, poi, si vuole tornare bambini; nessuno che ti sta col fiato sul collo, non hai paura di sbagliare, di farti del male, non c’è la paura di farsi male al cuore. Quando si è adolescenti inizi a sentirti vuoto, non sai nemmeno tu perché o per cosa, ti senti vuoto e basta. Improvvisamente perdi l’interesse per tutto e tutti e senti che hai tremendamente bisogno di qualcosa o di qualcuno, ma allo stesso tempo non sai neanche tu di cosa o di chi. Inizia a sorgere così una sensazione di “frustrazione” che ti fa letteralmente impazzire; passi ore e ore sul letto a fissare con uno sguardo smarrito quel maledetto soffitto, sperando di trovare una risposta, ma a cosa non lo sai nemmeno tu. In questi momenti di vuoto sei come perso, non capisci se non senti nulla o se hai così tanti pensieri per la testa da non comprenderne nemmeno uno.
Quando raramente la gente ti chiede come stai, rispondi semplicemente “bene”, anche quando magari non è realmente così, perché non vuoi far preoccupare gli altri e allo stesso tempo sei consapevole che nessuno capirebbe mai a pieno ciò che provi e tutti inizierebbero a giudicarti, dicendoti che sei strano. Solo che, essere adolescenti significa anche essere incoerenti, anche con i tuoi stessi pensieri. E proprio per questo vorresti che la gente capisse che il non aprirsi e il non sfogarsi, non implica lo stare bene. Hai paura di perdere tutti, che le persone potrebbero andarsene all’improvviso senza avvisarti; hai paura di rimanere da solo. Ti impegni, ci metti il cuore in quello che fai, ma neanche questo basta, non basta mai niente. A volte però, anche quando sai già come andranno a finire le cose, ci speri lo stesso fino all’ultimo e ti auguri che possa cambiare anche l’evidenza, ma le persone sono come dei treni, vanno e vengono e per quanto possa far male, non puoi trattenere chi non vuole restare; ed è per questo ti senti solo. Allo stesso tempo però, sei abbastanza intelligente da capire che non dipendi da nessuno, ma quella sensazione di non avere più una persona che ti sta vicino, ti divora. A mio parere, il sentirsi soli non implica solamente il fatto di non avere nessuno o non avere amici; ci si può sentire soli anche se si hanno tutte le persone del mondo. La solitudine è una “sensazione” che si prova indipendentemente dal numero di persone che si ha vicino.
E poi ci sono lle liti giornaliere con i propri genitori, perché non ti lasciano lo spazio di cui avresti bisogno e non ti comprendono. È il periodo in cui inizi ad allontanare tutti, perché è un brutto momento, ma sembra che nessuno lo capisca. Dicono sempre che i ragazzi d’oggi si chiudono nella propria stanza presi dalla tecnologia, ma nessuno si chiede mai il perché. La verità è che, magari stiamo piangendo, ma non vogliamo farlo sapere per non sembrare deboli e infantili o addirittura ci sono adolescenti che non riescono più a sopportare la realtà e che iniziano a tagliarsi con una lametta. L’adolescenza sono gli anni in cui la sera le lacrime scendono sul viso e cadono sul nostro cuscino. A volte si cerca di trattenerle, per paura di essere giudicati, ma è difficile trattenersi e dover morire dentro; trattenersi quando si vorrebbe solo urlare; trattenersi e sentire quel terribile nodo in gola che non ti permette di respirare e fa male, tanto male, ma spesso la gente non lo capisce. A mio parere, essere adolescenti significa anche lottare per continuare a vivere e non pensare che la morte sia l’unico modo per porre fine alle nostre sofferenze, perché purtroppo, molti la pensano così. Molto probabilmente la maggior parte delle persone pensa che sia facile puntare una pistola contro qualcuno o verso se stessi; io invece penso che i suicidi avvengano proprio per mancanza di coraggio. Morire è troppo facile. E’ vivere che richiede forza, non il contrario. Secondo Sigmund Freud, psicoanalista austriaco, durante l’adolescenza l’individuo deve essere in grado di equilibrare due opposte esigenze: l’energia istintuale e il controllo su queste pulsioni. Solo attraverso la gestione di tale conflitto che avverrà la formazione del carattere. Secondo Peter Blos, uno psicoanalista tedesco, invece, durante la fase adolescenziale avviene un secondo processo di separazione-individuazione nei confronti dei genitori. Blos descrive il percorso di crescita dell’adolescente che, da un sentimento di fusione con il mondo, arriva a concepirsi separato e distinto dall’ambiente in cui è inserito. Stanley Hall, psicologo americano, invece, ha definito l’adolescenza come una “nuova nascita”, in quanto si verificherebbe nel corso di essa un rinnovamento totale di tutti gli aspetti della personalità, indipendentemente dall’ambiente in cui si vive e la cultura che si ha. Margaret Mead, antropologa statunitense però, in seguito alla sua ricerca effettuata nell’arcipelago Samoa, smentisce quanto teorizzato da Hall, dimostrando l’importanza delle influenze ambientali e culturali nella modalità di espressione dei fenomeni adolescenziali.
Crescere è inevitabile, lo facciamo ogni giorno, ma durante l’adolescenza più velocemente. Questo ci spaventa, ma noi non possiamo sapere cosa ci aspetterà domani o nel futuro, quindi dobbiamo impegnarci e imparare a conviverci, perché anche da adulti sarà così. Bisogna affrontare ogni situazione della vita a testa alta e questo è forse l’insegnamento più prezioso che l’adolescenza ci lascia, così come le esperienze uniche e irripetibili che possiamo concederci di fare solo in questa età.