Non dubitare mai di se stessi.
{G. Certomà}
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Il capitano alla ricerca del tesoro perduto
27/03/2008
Alessandro immagina di essere nei panni di un capitano coraggioso che è alla ricerca di un preziosissimo tesoro composto da gioielli e diamanti nascosto su un’isola nel mare dei Caraibi.
Il capitano ha sulla testa una bandana rossa con sopra disegnato un teschio, inoltre il suo occhio destro è coperto da una benda nera perché, molto tempo prima, in un combattimento marino tra due vascelli, è stato colpito da un avversario con la spada e così ha perso un occhio.
È vestito con un abito di velluto rosso e possiede tanti uncini quanti sono i suoi vestiti che cambia ogni giorno.
Il suo vascello è molto grande e permette la navigazione di alto mare, infatti, il suo equipaggio è costituito da molti rematori, giacché il capitano esige trasferimenti da un luogo all’altro in breve tempo.
Ma torniamo alla pericolosissima avventura che il capitano Alessandro sta per affrontare; dico pericolosa perché il ricercatore del tesoro non ha la mappa dell’isola, quindi sarà un’impresa difficoltosa dato che orientarsi senza una carta di navigazione non è facile;
ma il capitano si avventura lo stesso nel lungo viaggio alla ricerca del tesoro che lo farebbe diventare ricchissimo.
Così, dopo aver fatto riempire dal suo equipaggio, la stiva di provviste, si mise in viaggio dal porto di Genova alla ricerca dell’isola su cui cercare il tesoro.
Il capitano, mentre continuava il suo viaggio, a circa metà strada, fu colpito da un’improvvisa e disastrosa bufera che provocò alcuni danneggiamenti al vascello, tanto che si dovette rimediare per riparare una profonda voragine che si era formata al di sotto della nave che stava quasi affondando.
Ma il problema principale che la tempesta naturale aveva provocato, era quello di aver fatto perdere all’equipaggio molte delle provviste di cibo, pertanto, oltre alla fatica del lungo viaggio si aggiunse la resistenza alla fame e questo fu un grande ostacolo per tutti.
Così, il vascello con il suo equipaggio, dopo aver sostato in mare per riprendersi, seppur senza essere al massimo delle condizioni, ripresero il viaggio comandato sempre dal capitano.
Il capitano non era contento di come proseguiva il viaggio e voleva che si imprimesse alla navigazione maggiore velocità, nonostante i rematori fossero sfiniti.
Finalmente, dopo tanta fatica approdarono vicino alle terre dei Carabi e ora si doveva affrontare la parte più difficile, perché bisognava controllare su ogni isola se vi fosse il preziosissimo tesoro.
La prima isola fu la Giamaica, non molto grande, ma dopo aver cercato per circa due settimane, non trovarono nulla e così passarono ad ispezionare le altre isole, ma del tesoro c’ era traccia.
Il capitano continuava a borbottare dicendo: “Piuttosto trascorro tutta la mia vita qua, ma il tesoro lo devo trovare a ogni costo.Questo è il mio obiettivo e sono sicuro di poterlo raggiungere.
Mancava ormai solo l’ ultima isola, la più grande.
Il capitano disse: “Adesso siamo arrivati all’ultima isola e qui sicuramente troveremo il tesoro”.
Intanto l’equipaggio fu decimato dalle precarie condizioni igieniche che i marinai trovarono.
Il capitano, pprodato sull’isola già dalla mattina, iniziò a perlustrare sotto la sabbia, controllando ogni centimetro, ma non trovò nulla. L’equipaggio rimasto, resistendo alla fame, continuò a cercare in ogni angolo e il capitano andò a controllare persino sulle palme se vi fosse qualcosa e, involontariamente, fece cadere con l’ uncino una noce di cocco che qualcuno aveva nascosto; con l’ impatto al suolo questa si aprì in due e ci si accorse che, all’ interno del frutto, vi era un pezzo di carta su cui era disegnata una mappa lasciata da un ex capitano ormai morto che indicava il luogo in cui era effettivamente nascosto il tesoro: l’Australia.
Così, il capitano, desolato per un verso e felice per l’altro, partì per la meta indicata sulla mappa con il resto dell’equipaggio, con la promessa di dividere il tesoro<
Alessandro Venosa - 1^ N
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