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Uno strano omicidio

05/10/2013




Era una giornata tranquilla , in un quartiere di New York , ormai abitato solo da anziani signori e da una strana e buffa famiglia: i Jonson. Alle 8 di quella mattina si sentirono le urla di una donna, provocate dalla scoperta del tradimento da parte del marito. La lite durò circa venti minuti e, dalla finestra della casa, si potevano persino vedere volare oggetti. La tranquillità in quel piccolo quartiere ritornò poco prima delle 8,30. La famiglia Jonson era composta da Micheal, ex poliziotto ed ora investigatore ufficiale del distretto di polizia locale; Stephanie, moglie del detective; e da loro figlio, Mark. Proprio Mark, avendo assistito una volta ad un’indagine del padre, si era appassionato alla vita poliziesca. La lite si placò per un semplice motivo: Micheal aveva promesso a sua moglie che non l’avrebbe mai più tradita. La signora Jonson era una giornalista e a causa del suo lavoro era sempre in viaggio. Quel giorno, il 25 novembre, prima di partire, prese, per errore, il cellulare di Micheal, perché identico al suo, avendo bisogno di leggere un messaggio del suo capo, ma aprendo la rubrica capì che il telefono non era il suo. In quel momento arrivò un messaggio: era di una donna , si trattava dell’invito ad un appuntamento. Stephanie capì subito che si trattava di lei, la donna che ormai le aveva rovinate la vita e la famiglia. Non disse nulla a nessuno e partì. Tre giorni dopo, cioè il 28 novembre, il giorno dell’appuntamento, Mark, tornando a casa, trovò steso a terra il padre privo di vita. Chiamò la madre in preda al panico e, quando anche lei arrivò a casa, si trovò davanti una scena da film horror: il corpo del marito assassinato a casa sua. Stephanie, a quel punto, prese in disparte suo figlio, Mark, dicendogli che, non credendo alla promessa fatta dal padre, aveva assunto un investigatore privato, un certo Brown, per indagare su Michel. Chiese alla polizia se potesse essere lui ad indagare sulla morte del marito. La prima cosa che fece Brown, l’investigatore, fu quella di andare sul luogo del delitto per cercare indizi; ne trovò solo due: un capello nero e un bicchiere di vino rosso, mischiato ad un liquido che sembrava acqua. Brown portò tutto in laboratorio per delle analisi . Il risultato fu il seguente: dal capello, nulla, invece, si scoprì che bicchiere di vino non era stato allungato con l’acqua ma con una sostanza velenosa . Quindi, il detective sapeva come aveva agito l’assassino e aveva due sospettati: la moglie del signor Jonson e l’amante. Iniziò subito ad interrogarle, entrambe avevano alibi non confermabili. La moglie diceva di essere andata a fare due passi in campagna per riflettere e pensare al futuro per lei e suo figlio, sapendo ormai dal detective che suo marito continuava a frequentare l’altra donna. Mentre l’amante diceva di essere rimasta a casa a guardare la televisione. Il detective tornò sulla scena del crimine, per cercare altri indizi. Dopo alcune ore trovò, sotto un cuscino del divano, un braccialetto con dei diamanti. Lo fece subito analizzare e, tra un diamante e l’altro, trovò dei frammenti di pelle appartenenti al braccio dell’omicida. Eseguito l’esame del DNA si scoprì che la pelle combaciava con quella dell’amante misteriosa. A quel punto Brown la arrestò. Concluso brillantemente il caso, la moglie prese il figlio, lasciò quella casa che le ricordava solo dolore e tradimento e partì per lavorare in un altra città senza voler più pensare al passato. Dopo alcuni mesi furono riaperte le indagini per dei particolari che non convincevano del tutto l’investigatore Brown, ed infatti, si era riusciti a scoprire che, sul braccialetto, oltre ad alcuni frammenti di pelle, c’erano anche le impronte digitali della moglie.  
 


 

Chiara Rovedoni - Federica Fusolo_classe_3^ B

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