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Il delitto dimenticato

12/05/2014


 

Verso la fine di un giorno estremamente caldo, stavo seduto, con un libro in mano, davanti a una finestra spalancata, dalla quale, accompagnando con lo sguardo la lunga prospettiva del fiume, si scorgeva in lontananza una collina. Sollevai gli occhi dalla pagina e fissai il brullo pendio della collina e vidi qualcosa, un’enorme villa, che si perdeva alla vista in mezzo alla foresta sottostante. Fissai l’ edificio per parecchi minuti e mi venne l’istinto di riaprire un caso che era stato chiuso.

 

Avvisai i colleghi della mia decisione. La sera stessa la notizia aveva già fatto il giro di tutta la città.

“Davide Turoldo un attore molto famoso, era stato ucciso il 5 ottobre del 2013”.
 

Dopo cinque mesi e il caso viene riaperto e l’investigatore Giacomo Valeri ritrono in quella villa, in cui Davide era stato ucciso.

Domani andrò in quella casa, disse l’ispettore.

 

Il mattino seguente mi vestii e presi il mio solito caffè e, uscendo di casa, mi diressi verso quella villa in fondo alla collina e la prima cosa che guardai fu il giardino, pieno di fiori, mi accorsi che una parte di questi era stata calpestata e notai un’impronta sospetta. Presi le misure dell’impronta e risultò essere più grande rispetto a piede di Davide, la vittima.

Entrai in casa, ormai chiusa da tempo, alla ricerca di altri indizi. Mi recai nel punto preciso dove era avvenuto l’omicidio. Cercai tracce di capelli, ma non ce n’erano, poi mi accorsi che c’erano delle impronte digitali sullo specchio del bagno, ma non sapevo se fossero della vittima o dell’assassino.

 

Poi l’ispettore vide una sostanza liquida a terra. Controllando meglio, nella doccia, si accorse di qualcosa che luccicava; appeso al tubo della doccia, vi era un orecchino.

Il giorno dopo andò in teatro dove lavorava Davide Turoldo e chiese informazioni su di lui ad alcuni macchinisti teatrali; ce ne era uno vide che portava un paio di scarponi che corrispondevano all’orma trovata, misura 43, ma non aveva i buchi nell’orecchio; allora scartò l’ipotesi che fosse stato lui.

Passando dagli spogliatoi vide due tizi che stavano parlando, uno dei due era il macchinista con cui aveva parlato prima. Quel signore stava ringraziando l’ amico di avergli prestato gli scarponi infortunistici. L’ispettore, allora, guardò dentro e vide un uomo alto, con dei piedi enormi, lo guardò meglio e vide che aveva un buco nell’orecchio; si insospettì, andò da lui e l’uomo quando vide l’ ispettore iniziò a sudare e a tremare; velocemente scappò via. Valeri prese le impronte che aveva lasciato sul bicchiere con cui aveva bevuto, le confrontò con quelle ritrovate sullo specchio ed il caso fu risolto: il colpevole era lui. Lo arrestarono. Si chiamava Giovanni Gatto. Ammise che aveva ucciso Davide, perché era invidioso della sua ricchezza.

V. Metta - S. Miraval - E. Tirotta - E. Berisha_classe 2^ B

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