27/03/2008
Conobbi Marika quando lei aveva 12 anni, abitava nei pressi del Naviglio Grande, nel comune di Gaggiano e frequentava la scuola media “Ippocrate” nello stesso anno in cui, 1999, insegnava lì uno strano, quanto bizzarro professore d’italiano. Marika apparteneva ad una famiglia d’alta borghesia, composta dal padre Lucio, dalla madre Irene e dal piccolo fratello Matteo, frequentante la terza elementare. Marika, nonostante la giovane età, aveva una personalità ben definita, frutto d’un ambiente familiare particolarmente attento e stimolante per la sua crescita personale. Ottimo e soprattutto molto confidenziale il suo rapporto con mamma Irene, che con intelligenza era sempre pronta a starle vicino in qualunque circostanza, senza però mai opprimerla con la propria presenza. Buono anche il legame col padre, ma sicuramente meno confidenziale, a causa del poco tempo che riuscivano a trascorrere insieme, per motivi di lavoro. Marika di questo poco tempo che trascorreva col papà, ne soffriva molto, anche se non glielo aveva mai detto e mai manifestato, forse anche per il suo carattere un po’ introverso e chiuso. Marika, infatti, si contraddistingueva per avere un’indole timida, che le determinava difficoltà di relazioni aperte con le persone, ma nel contempo era in possesso di una non comune sensibilità che le permetteva di cogliere ciò che vi era di essenziale in ogni attimo della vita quotidiana e soprattutto le dava quella rara capacità d’aiutare, stimolare e far crescere le persone che le ruotavano attorno. Ma tutte queste sue qualità, fino al settembre del 1999, non era riuscita ancora a manifestarle e soprattutto “buttarle” fuori e farle fruttare, probabilmente perché lei stessa aveva una scarsa considerazione del suo Io e delle proprie potenzialità. E quasi per una strana coincidenza quel suo anno scolastico, il 1999-2000, si rivelò essenziale per farle prendere coscienza di quanto avrebbe potuto e voluto realizzare dei suoi tanti sogni. L’ 8 settembre 1999, data d’inizio delle attività didattiche, Marika fa una “strana” conoscenza: il suo nuovo insegnante d’Italiano. Giulio il nome del giovane docente che, appena entrato, saluta, gesticola e si rivolge ai suoi nuovi alunni in modo indubbiamente non comune. Questo modo di fare del nuovo prof. sembra mettere nel panico Marika, nel cui sguardo si intravede nettamente lo smarrimento che l’aveva sopraffatta: si volta, guarda i compagni e chiede loro “ma questo chi è? Da dove arriva? Sarà dura trascorrere un intero anno con in tal “soggetto”. Quel primo giorno di scuola la segna molto, tanto che, arrivata a casa, chiede subito conforto a mamma Irene che, dal canto suo, cerca di rassicurarla, ma conoscendola, in cuor suo aveva cominciato a preoccuparsi per il proseguio dell’anno scolastico della giovane, quanto fragile figlia:” sarebbe stata capace d’adattarsi ai modi bizzarri del nuovo docente d’italiano?”. Sempre agli inizi di settembre, Marika si iscrive ad una scuola di danza di Milano insieme ad una sua compagna di classe, Monica, ragazza che si entusiasmava subito e altrettanto rapidamente sapeva scoraggiarsi e cambiare idea su qualunque cosa e persona. Marika e Monica due volte a settimana, si recavano a Milano con i mezzi pubblici, per prendere parte alle lezioni tenute da un giovane quanto promettente ballerino di nome Claudio, del quale, tra l’altro, Monica si era disperatamente innamorata. Marika seguiva con impegno e serietà le lezioni di danza, tanto che, col passare delle settimane iniziava a scoprire un’autentica passione per questa nobile arte. Il suo coinvolgimento era tale che, anche quando non andava a lezione, a casa, nella propria camera, con la supervisione del fratellino Matteo, si esercitava a ritmo di musica. A scuola, intanto, qualcosa iniziava a cambiare in meglio. Infatti, alla giovane Marika bastarono pochi giorni per rendersi conto che, il nuovo prof. di Lettere, che l’aveva il primo giorno terrorizzata, era completamente diverso da quella che era stata la prima impressione ricevuta. Di questo cambiamento ne parla subito alla mamma Irene che, fra sé e sé, tira un sospiro di sollievo e anzi, da quanto raccontava Marika, una volta rientrata a casa dopo le lezioni quotidiane, intravede in quel bizzarro prof. la possibile chiave di volta per l’indole della figlia. Vi fu un episodio ben preciso che rivelò come Marika iniziasse a considerare il nuovo prof. come persona alla quale rivolgersi con naturale spontaneità. A metà dell’anno scolastico, infatti, la professoressa d’inglese, per motivi di salute, era stata sostituita da un’altra docente di nome Maria Spilinga, la quale ritrovandosi senza molti voti di valutazione e sopraggiungendo la fine del primo quadrimestre, si trovò costretta ad una sorta di tour de force sia in termini di programma che di verifiche da far fare ai ragazzi. In due di queste verifiche, consecutivamente, il compito di Marika era identico a quello della sua compagna di banco, Anna. La professoressa si trovò a dover decidere e capire chi avesse copiato: ipotizzò che fosse proprio Marika quella ad aver copiato i due compiti; in realtà era il contrario. Ma la prof. Spilinga, erroneamente, si era convinta di ciò, tanto che, avvertì le due ragazze dicendo loro che, se alla prossima verifica vi fossero state due copie conformi, avrebbe preso seri e drastici provvedimenti. Marika, assolutamente incolpevole, entra in una profonda crisi e inizia a diventare nervosa e poco concentrata. E non riuscendo ad avere un colloquio diretto con la prof. e spiegarle l’equivoco, si rivolge alla mamma chiedendole di fissare un colloquio con la prof. e chiarire tutto, anche perché da quell’episodio si stava minando la passione che da sempre Marika aveva avuta per la disciplina. Mamma Irene incontra la prof. Spilinga cercando di illustrarle la difficile condizione che Marika stava vivendo per l’episodio accaduto. Ma la prof., assolutamente irremovibile, ribadisce la sua posizione, dimostrandosi fredda e incomprensibile in merito a quanto tutto ciò avrebbe potuto provocare sulla personalità di Marika. Ma Marika, proprio in quella circostanza, fa il suo primo passo per impossessarsi di sé e del suo essere. Decide, senza dirlo alla Spilinga, di cambiare posto, di dividersi dalla compagna di banco Anna: solo così avrebbe potuto dimostrare che non era lei a copiare. Bisognava però chiedere a qualche prof. che facesse il cambio dei posti. Tra tutti, Marika sceglie quello di Lettere, Giulio, spiegandogli tutta la storia e chiedendogli di poter cambiare compagna di banco. Con quell’atto, inizia a costituirsi tra Marika e il prof. un forte legame di fiducia, che permette a Marika, giorno dopo giorno, di vivere con naturalezza e sicurezza ogni momento delle sue giornate scolastiche e non. Il giovane insegnante, che era stato colpito sin dal primo giorno da quello sguardo smarrito, dialoga con Marika, cercando di capire le ragioni della richiesta e solo dopo acconsente alla sostituzione della compagna di banco che, dal canto suo, ci rimane molto male, anche se non lo manifesta apertamente con le parole. I pomeriggi di Marika trascorrevano tra l’alternarsi dell’esecuzione dei compiti e le lezioni di danza. Quando restava chiusa nella propria camera la sua immaginazione volava e si posava là dove sperava un giorno d’approdare: esser una persona diversa da come era e tramutarsi in una famosa ballerina. Cosa significava per Marika esser una persona diversa? Cambiare la propria indole, diventare più sicura di sé, affrontare le persone e le situazioni con disinvoltura senza farsi sempre un mare di problemi e crearsi complessi inesistenti. Nel corso di quell’anno scolastico, gradualmente, non cambierà indole, non rinnegherà se stessa, ma semplicemente sarà un’altra, grazie soprattutto a tutto ciò che lei già possedeva e che doveva soltanto trovare gli stimoli giusti per venire a galla dagli abissi del suo ego. I mesi passavano e Marika era sempre più impegnata a prepararsi per lo spettacolo di danza che a fine corso ci sarebbe stato. Si trattava di un Musical e lei era stata scelta da Claudio come prima ballerina, protagonista assoluta; era la prima grande opportunità per dimostrare a se stessa e a tutti coloro che le volevano bene quanto valesse. Con il sopraggiungere del fatidico giorno, le ore trascorse a ballare, provare, riprovare aumentavano; la sera rientrava spesso molto tardi ed in questo mamma Irene le era sempre vicina, andando ad accompagnarla e poi a riprenderla. In una di quelle serate, dopo un pomeriggio in cui le prove dello spettacolo non erano andate molto bene, viene sopraffatta da un senso di impotenza e inizia a dubitare di se stessa. Il padre Lucio, proprio quella sera, era rientrato allo stesso orario e si accorge di quel momento di scoraggiamento della figlia. E lui, che fin ad allora non le era stato particolarmente vicino, in modo naturale si accosta a Marika dando inizio ad un colloquio che mai prima d’allora c’era stato, e fino a notte inoltrata parlano con confidenzialità e spontaneità uniche. Dal quel colloquio, Marika ne esce rafforzata, riacquista la fiducia in sé e soprattutto scopre quel padre che da tanto tempo sognava d’avere: un altro sogno mai rivelato di Marika stava prendendo corpo. 20 giugno 2000, ore 21:00, teatro “Vecchio”, Milano. Recitava così la locandina che Marika portò a casa quel venerdì 6 giugno. In famiglia tutti erano emozionati e sorpresi allo stesso tempo, di vedere Marika come mai l’avevano vista: sicura, convinta, aperta, tenace ed anche molto emozionata. Ma per tenere a bada l’emozione ci pensò quello stravagante prof. di Lettere che Marika ogni giorno si ritrovava in classe. Si trattava d’un insegnante a cui la scuola istituzionalmente costituita andava stretta e quindi non perdeva occasione a costruirsela come lui la voleva e come i suoi alunni dimostravano di preferirla: molto tempo dedicato all’ascolto dei ragazzi e molto spazio concesso alle passioni, ai sentimenti, alle emozioni, all’ironia, alle apparenti banalità. Un docente pieno di difetti, ma che provava a trasmettere ai suoi studenti non solo fredde e aride conoscenze ma sé stesso, pronto anche a riconoscere i propri limiti e a mettersi in discussione quotidianamente. Forse per questo i suoi alunni gli volevamo bene e ogni giorno non perdevano occasione, sotto forme sempre diverse, di dimostrarglielo. Marika facendosi guidare da qualche “saggio” consiglio del prof. sviluppa una buona capacità d’autocontrollo emotivo e si prepara ad affrontare la serata dello spettacolo con la dovuta lucidità mentale e solidità emozionale. Quella sera il teatro era ricolmo, tutto era pronto, i ballerini dietro le quinte scalpitavano e Marika, la protagonista, era tranquilla e decisa. Il sipario si alza e il palcoscenico si illumina d’immenso. Marika non sbaglia un passo e non sbaglia neanche il suo Io. Tra il pubblico, per una strana coincidenza, v’era uno dei più noti ballerini americani, responsabile di una delle più prestigiose Accademie di danze statunitensi. Jeson, questo il suo nome, non ebbe difficoltà a intravedere in Marika le qualità che le avrebbero permesso di volare alto. Non esitò e subito dopo la fine dello spettacolo andò nei camerini chiedendo di quella giovane prima ballerina. Jeson le strinse la mano e si complimentò con lei e senza esitare le offrì la possibilità di trasferirsi a New York e frequentare la sua Accademia di danza. Della proposta furono testimoni i genitori di Marika, che nel frattempo l’avevano raggiunta. Tutto accadde rapidamente e senza apparenti intoppi: i genitori si mostrarono lusingati e nel contempo sorpresi e spiazzati. Jeson disse loro che avrebbe dato i due mesi estivi per riflettere e prendere una decisione. Quell’estate fu intensa da ogni punto di vista e alla fine la decisione fu presa: non si poteva far perdere a Marika quella unica occasione. Mamma Irene decide di trasferirsi con Marika a New York e dare quella possibilità alla figlia di realizzare il suo grande sogno. Ai primi di settembre Marika , la mamma Irene e il padre Lucio partono alla volta di New York, per dar corpo al grande sogno…